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Cesare ad Alesia, così nasce la logistica

di Andrea Casalegno

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Domenica 03 Agosto 2008

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Gli Elvezi, attaccati dalle tribù germaniche di Ariovisto, chiesero il diritto di passaggio nella Gallia Narbonese, per raggiungere la Spagna. Cesare lo negò, li respinse nelle valli dell'odierna Svizzera e ricacciò i Germani oltre il Reno. L'anno successivo estese il suo protettorato sulla Gallia centrale. Infine sottomise la Gallia Belgica, abitata da tribù celtogermaniche, raggiunse la costa atlantica e gli attuali Paesi Bassi e, non contento, guidò due spedizioni vittoriose in Britannia.
Sotto una pace apparente covava però il desiderio di rivincita. Nell'estate del 52, mentre Cesare si trovava in Italia, l'intera Gallia insorse all'appello di Vercingetorige, re degli Arverni. Poiché i Galli erano combattenti valorosi ma indisciplinati, il giovane re impose la propria autorità con metodi spietati: le colpe minori erano punite con la mutilazione del naso e delle orecchie, le più gravi con il rogo.

I Galli erano superiori di numero, soprattutto nella cavalleria. Ma non osarono affrontare le legioni e si rinchiusero nella roccaforte di Alesia. Il sito, dettagliatamente descritto da Cesare nei Commentari, fu individuato sin dall'Ottocento, grazie agli scavi ordinati da Napoleone III. L'oppidum di Vercingetorige sorgeva nei pressi della cittadina di Alise-St.-Reine, sul Monte Auxois, 418 metri sul livello del mare e 160 sopra la pianura di Launes. La fortezza era difesa da potenti baluardi naturali. Solo da un lato era aperta sulla pianura.

Vercingetorige, convinto di aver preso Cesare in trappola, non temeva né un assalto, impossibile con forze inferiori, né un assedio, poiché sapeva che 200mila Galli si stavano avvicinando. Ma Cesare capovolse la trappola, facendo costruire a tempo di record 36 km di fortificazioni ad anello, con terrapieni, palizzate, fossati e torri di vedetta: 15 km rivolti verso le mura di Alesia e 21 km, a qualche centinaio di metri di distanza, a seconda del terreno, verso l'esercito che stava per giungere. Inoltre (si veda la scheda qui sotto) introdusse alcuni marchingegni di sua invenzione per rendere le difese ancora più efficaci. Nel perimetro difensivo vennero accumulate derrate e foraggio per resistere a oltranza. Una volontà ferrea e una logistica perfetta ottennero un risultato che ha dell'incredibile.

La battaglia era moralmente vinta prima ancora di essere combattuta. Quando giunse l'esercito di soccorso, i legionari erano pronti a riceverlo. Tale era la loro fiducia nel capo, che neppure l'enorme disparità di forze li sgomentò. Mentre in Alesia gli assediati morivano letteralmente di fame, tutti i tentativi per liberarli fallirono con gravissime perdite. Per un mese intero, fra settembre e ottobre, i Galli assalirono dall'interno e dall'esterno i trinceramenti romani; ma furono sempre respinti. Nell'ultimo assalto si combatté lungo l'intero perimetro, su entrambi i lati. Poiché i legionari erano troppo pochi per difenderlo tutto, Cesare creò un corpo mobile che accorreva ove fosse necessario. Alla fine gli attaccanti si ritirarono e Vercingetorige si arrese. Il re degli Arverni si presentò davanti a Cesare e depose ai suoi piedi la spada, l'elmo e la corazza.

In pochi mesi la Gallia venne pacificata. I celti riconobbero la superiorità dei vincitori e diventarono gli alleati più fedeli di Roma, assimilandone in meno di un secolo lingua, istituzioni, costumi. Già prospera grazie a un'agricoltura e a un artigianato assai evoluti, la Gallia si coprì di una fitta rete di strade, sulle quali viaggiavano assai più spesso dei legionari ogni genere di mercanzie. I villaggi si trasformarono in città di pietra, cinte di mura e ricche di templi, teatri, anfiteatri, terme e acquedotti che poco avevano da invidiare a quelli d'Italia. L'assimilazione creò un'unica civiltà gallo-romana, che rivolse un fronte compatto contre le successive ondate d'invasione dei popoli germanici.

Ancora più impressionante si dimostrò la potenza civile e culturale di Roma quando, a partire dal V-VI secolo d.C., la tribù germanica dei Franchi conquistò a poco a poco tutta la Gallia, dandole il nome di Francia. I Franchi si impossessarono bensì del potere, gettando le basi della civiltà feudale, ma adottarono la lingua del popolo sconfitto. Il latino prevalse, caso pressocché unico nella storia, sulla lingua dei vincitori. La Francia si aprì al meglio della civiltà romana, basata sul senso dello Stato, sulla volontà di difenderlo, sull'efficienza delle istituzioni: un'eredità che noi italiani, eredi anagrafici dell'Impero, abbiamo in buona parte dilapidato.

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